Coalizzarsi con l’Udc a Roma ha un significato chiaro. Vuol dire puntare tutto sul mattone, sulla cementificazione, sulla città espansa indeterminatamente, su Caltagirone e su Carlino. Di “coalizione nuova, civica, fatta di persone, associazioni, partiti che ci stanno per rigenerare Roma. Per creare lavoro in una città verde, digitale, creativa e solidale”, ha parlato Zingaretti giorni fa. Ma l’Udc non è davvero un alleato di sinistra capace di dare a Roma una prospettiva di grande e bella città europea. Roma ha bisogno di una gestione ecologica, ha bisogno di una riqualificazione degli spazi, di una liberazione dalle macchine e dal degrado urbanistico. Negli ultimi anni, a Roma, siamo tutti un po’ più infelici. C’è bisogno di invertire questa tendenza.
Al momento non è dato comprendere se alle primarie parteciperanno tutti i partiti della sinistra e se ciascuno avrà un proprio candidato. Né, d’altronde, si sa in quale data tali primarie si terranno. Tutto è nebuloso. Terribilmente nebuloso. Ingiustificatamente nebuloso. Tutto sembra pensato come appositamente funzionale alla causa del Movimento 5 Stelle, il quale ben si muove nell’altrui palude.
Sarà difficile spiegare agli elettori di sinistra, preoccupati e critici, che il candidato da sostenere alle primarie è un candidato del Partito Democratico sostenuto anche dagli uomini di Casini. Certo, ci si potrebbe pure turare il naso per l’ennesima volta. Ma per fare che cosa? Almeno a questa domanda minimale c’è da pretendere una risposta chiara.
Non serve al bene della capitale d’Italia avere un governo che abbia dentro i costruttori. Sarebbe piuttosto necessaria una rivoluzione copernicana nelle modalità di selezione della classe dirigente e nei contenuti delle scelte. Un programma e un candidato di sinistra alle primarie aiuterebbero l’intera coalizione a non farsi risucchiare nella melma centrista e a scongiurare la resurrezione di Gianni Alemanno.
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