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domenica 9 agosto 2009

Pasolini e le case popolari di Donna Olimpia

Le foto sono tratte dal sito www.pasolini.net

Il quartiere di Donna Olimpia era nato negli ani ’30 come borgata per dare una sistemazione agli sfollati delle case demolite per gli sventramenti del centro storico: a questi si aggiungevano gli immigrati e i senza casa. E così erano sorti gli enormi casermoni, costruiti dall’Istituto Case Popolari, il n. 5 di piazza Donna Olimpia e il n. 30 di via di Donna Olimpia.
Pier Paolo Pasolini si era trasferito nel 1954 a Monteverde, in via Fonteiana e questi anni a Donna Olimpia saranno molto fecondi. Lo scrittore ricorda il quartiere e la gente di Donna Olimpia nel romanzo RAGAZZI DI VITA.

«Quattro palazzoni tutti collegati fra loro, in modo che le file e le diagonali di finestre non avevano interruzioni e si allineavano tutt'intorno per centinaia e centinaia di metri in lungo e in largo, e così le trombe delle scale, che si riconoscevano all'esterno per le enormi file verticali di finestre rettangolari: mentre sotto, tra arcate, sottopassaggi, portichetti, in stile novecento fascista, si stendevano sei o sette cortiletti interni, di vecchia terra battuta, con i resti di quelle che avrebbero un tempo dovuto essere aiuole, tutti cosparsi di stracci e carte, in fondo all'imbuto delle pareti che si alzavano fino alla luna»
“Borgata di palazzoni popolari, i grattacieli, costruiti nel ‘37, grandi come catene di montagne, con migliaia di finestre, in fila, in cerchi, in diagonali, sulle strade, sui cortili, sulle scalette, a nord, a sud, in pieno sole, in ombra, chiuse o spalancate, vuote o sventolanti di bucati, silenziose o piene di caciara delle donne o delle lagne dei ragazzini. Tutt’intorno si stendevano ancora prati abbondanti, pieni di gobbe e ponticelli...”
Così descrive Pasolini i “grattacieli” sorti sulla strada che copre il fosso di Tiradiavoli, la marrana alimentata dalle acque provenienti della valle dei Daini di Villa Pamphili. Ne ricorda la data di costruzione una iscrizione in rilievo, sulla sommità dell’edificio che si affaccia sul cortile interno: MCMXXXII, X anno dell’era fascista e ripristinata dalla giunta regionale diretta da Storace.

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